domenica 1 febbraio 2015

[racconti brevi] - Una poltrona per... due - di Monica Coppola



Sembrava tutto perfetto.
Io e Claudia eravamo miracolosamente puntuali, l’Intercity era in orario, lo scompartimento completamente libero.
Potevamo pregustarci le due ore di treno che separavano Torino da Chiavari assaporando chiacchiere e incipit per prepararci al laboratorio di scrittura che ci attendeva a destinazione.
Tempo zero ed io avevo già conquistato il sedile accanto al finestrino ed ero pronta a scoprire perché la Signora Dalloway voleva occuparsi dei fiori.
Claudia, invece, era rimasta in piedi e, dall’alto del suo metro e settanta, esaminava titubante il polveroso appoggiatesta «Chissà quando l’hanno pulito l’ultima volta. Non è che ci prendiamo i pidocchi?»
«Spero proprio di no!» d’istinto avevo sollevato le mani sul caschetto ancora fresco di shampoo mattutino. «Appena arriviamo ci laviamo subito i capelli con l’aceto.»
«Ah sì, come no, idea geniale» aveva risposto Claudia con tagliente ironia «E magari il balsamo lo usiamo per condire la lattuga eh?». In effetti fare un’affermazione del genere davanti alla consorte di un hair stylist di tendenza non era proprio una grande pensata.
Per evitare di esprimere altre idee geniali, ma soprattutto per ignorare il fastidioso prurito psicosomatico che incedeva rapido sulla mia cute, abbandonai a malincuore l’incipit del romanzo a favore di un’immediata e doverosa ispezione parassitaria.
Stavamo esaminando una presenza alquanto circospetta zampettare sul logo FS quando un tarchiato ometto dalla fronte umida aprì lo scompartimento chiedendoci cortesemente se potevano accomodarsi: lui, l’adolescente figliolo nerd, e uno zaino-frigo paffuto come il proprietario.
Ovviamente il microorganismo non identificato colse l’attimo per mimetizzarsi al volo e sparire dalla nostra vista in attesa del momento più propizio per circumnavigare le nostre cuti e, possibilmente, farci uno scalpo con i controfiocchi.
Le stesse bellicose intenzioni erano condivise anche dal Giovane Nerd che smanettava come un ossesso sul suo tablet sminuzzando gli alieni come le verdurine per il soffritto.
Il suo affamato patriarca nel frattempo, infischiandosene beatamente dei conflitti intergalattici, dava inizio al suo sandwich brunch sbriciolando spensierato molliche e micro particelle di insaccati.
Poco male, almeno i parassiti avrebbero avuto un menu alternativo alle nostre folte chiome…
A quasi cinquanta minuti dalla partenza la formazione che il nostro vagone schierava era la seguente: ruoli di ala destra, posti lato finestrino, la sottoscritta che doveva ancora capire la questione dei fiori ma ora sapeva che la protagonista si chiamava Clarissa, e il dirimpettaio Nerd che, a colpi di polpastrelli infuocati scongiurava l’invasione del Pianeta Terra; nelle vesti di mediano la mia amica Claudia, che si deliziava con gli arancini delle pagine di Montalbano mentre, poco più avanti, l’affamato Sbriciolatore, rivestiva il ruolo di terzino fantasista estraendo dalla borsa frigo un pout pourri di polisaccaridi.
Il nostro improbabile team da viaggio sembrava aver trovato un buon equilibrio quando la porta si aprì di nuovo e, una tizia dagli zigomi spigolosi come le sue ginocchia, restò ad osservarci in silenzio per qualche istante nel suo griffato tailleur color dente di leone.
Più che osservarci in realtà ci stava scannerrizzando…
Qualche istante dopo, sbuffando vistosamente, estrasse due biglietti che sventolò bieca in direzione finestrino «Quelli sarebbero i miei posti…» Il suo indice laccato rouge noir ci puntava più minaccioso dei raggi laser che l’impavido Nerd diffondeva tra le galassie. «Posto quindici e posto sedici. Quelli vicino al finestrino, dove siete sedute voi…» puntualizzò Miss Spigolo.
Per evitare di spostare armi e bagagli, riposizionarli, e ritirarli giù in meno di mezz’ora avevo tentato un compromesso. «Non è che potrebbe accomodarsi nei posti liberi? Tra qualche fermata io e la mia amica scendiamo…»
Ma lei non aveva proferito parola. Era rimasta immobile, braccia appoggiate ai fianchi, mento e Wonderbra in fuori. Il suo non verbale dichiarava, in modo forte e chiaro, che non si sarebbe affatto mossa da lì…
Sembrava non esserci alternativa e così ci rimescolammo tutti come le carte di una partita a sette e mezzo predisponendoci come sua Altezza e Scortesia desiderava.
A quel punto un ghigno soddisfatto le aveva increspato le labbra «Ludovica adesso puoi entrare…» aveva ordinato con la stessa autorevolezza di un Top Manager. E così uno scricciolo di ragazzina con i capelli a spaghetto era filata dritta e muta ad occupare il primo dei famigerati posti accanto al finestrino.
Il giovane Nerd tutto ringalluzzito aveva sollevato lo sguardo dalle battaglie virtuali alla nuova arrivata e subito le aveva regalato uno sfavillante sorriso d’acciaio.
E anche la timida giovinetta dai lisci capelli aveva sentito uno strano volo di farfalle ed aveva risposto spontanea con lo stesso sorriso.
Ma era stata silurata dalla spigolosa genitrice giallo vestita e così, arrossendo fino alla punta del naso, si era trincerata dietro il suo minuscolo kindle, rimpiangendo lo spessore di un grande classico russo che di certo le avrebbe garantito più privacy.
Lo scompartimento adesso era sold out ma non fiatava una mosca: un silenzio gelido come i cubetti di spinaci assiderava l’atmosfera.
Miss Spigolo aveva sistemato sdegnosa i suoi bauletti LHVM e poi era misteriosamente svanita. Ovviamente senza che nessuno la rimpiangesse.
Tantomeno Ludovica che, resa più coraggiosa dalle vibrazioni del colpo di fulmine, stava tentando di scalfire il guscio della timidezza scambiando qualche parola con il Nerd. E proprio quando i semi del novello amore erano pronti a sbocciare l’idillio venne interrotto da un frastuono stridente: l’inquieta Miss Spigolo, purtroppo, era tornata.
Questa volta era alle prese con una valigia abnorme e gialla, che cercava di trascinare a tutti i costi, nonostante l’ossuta corporatura.
Io e Claudia ci scambiammo un rapido sguardo d’intesa: vista la sua estrema scortesia non avremmo mosso un dito per aiutarla. Così ci rituffammo nei capitoli dei rispettivi romanzi fingendo assoluta indifferenza, tacitamente sostenute anche dallo Sbriciolatore e dal Nerd dal cuore ormai infranto.
Nel frattempo Miss Spigolo ce la stava mettendo proprio tutta ma il bagaglio non si muoveva di un millimetro. Il controllore poco distante osservò la scena e ci raggiunse in tutta fretta.
Lei l’accolse con un subdolo sorriso di circostanza. «Oh finalmente qualcuno in grado di aiutarmi. Ehm, vorrei metterla lassù…» questa volta il suo artiglio aveva indicato lo striminzito portabagagli che sporgeva inquietante sopra le nostre teste.
Il bigliettaio però aveva scosso il capo deciso «No, è impossibile. Questo bagaglio è fuori misura signora…»
Il sorriso si era increspato sulle labbra contornate di matita. «No, no, si sbaglia! È assolutamente regolare!»
«Certo, per un Air force one, forse!» il controllore si era fatto un’allegra risata «Se vuole sistemare quella cosa deve trovarsi uno scompartimento libero. Qui non può stare.»
«Farò le mie rimostranze al vostro servizio clienti!»
«Faccia pure come le pare purché mi liberi il passaggio.» l’aveva zittita lui, per nulla intimorito.
«Ludovica! Alzati! Cambiamo carrozza!» Miss Spigolo livida in volto si era finalmente decisa a togliere il disturbo.
La ragazzina aveva incrociato lo sguardo implorante dell’adolescente che, stregato dal suo acerbo fascino, aveva compromesso il destino dell’umanità a vantaggio delle forze aliene .
«Ma mamma, ci siamo appena sistemate!» tentò di opporsi Ludovica.
Ma l’arida matriarca era irremovibile «Niente ma! Alzati immediatamente! Non voglio restare un istante in più!» La povera Ludovica a malincuore fu costretta ad obbedire e così lei, la sua appuntita madre, la coppia di bauletti Vuitton e l’abnorme valigia vagarono inquiete per i corridoi dell’intercity 551, durante un sabato novembrino, alla ricerca di una fissa dimora, mentre un giovane Nerd dal cuore frantumato ma impavido ricominciava a lottare per la salvezza del Pianeta.
©Monica Coppola






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