mercoledì 1 aprile 2015

[Racconti brevi] - Lo strano caso del Dottor.T (Monica Coppola)

Da qualche giorno le cose mi quadravano meno del solito.
Starnutivo ripetutamente ed avevo sempre sonno.
In più, tanto per gradire, mi erano comparse due macchioline rosse sul collo che mi facevano sembrare un appetibile dessert per giovani licantropi.
Così la Dottoressa C., medico curante, mi ha spedita dritta dall’esimio Dottor T., allergologo di sua fiducia.
Calvo e mingherlino, occhietti penetranti e un camice che quasi sembrava danzare attorno alla sua esile figura, il Dottor T. mi ha osservata grattandosi il mento ossuto.
"E' solita ad usare gioielli in acciaio, nichel o..."  mi ha domandato, indirizzando uno sguardo torvo ai miei orecchini "plastica e altre diavolerie simili?"
Istintivamente la mia mano è corsa a coprire le lunghe margherite made in china che penzolavano allegramente sul mio lobo sinistro.
"Bhe, sì. Ma solo ogni tanto…" ho ammesso imbarazzata
"Mmm lo sospettavo" ha mugugnato maneggiando con alcune provette "Fuma, beve o fa uso di sostanze particolari?"
"Macchè!" ho scosso subito la testa con decisione "Non reggo nemmeno un sorso di Heineken!"
"Mmm … sospettavo anche questo" ha aggiunto osservandomi  con commiserazione.
Poi ha inzuppato un batuffolo in una tazza d’alcol cospargendomi l’avambraccio di gocce minuscole, mentre la sua penna, lunga ed affilata, scarabocchiava incomprensibili simboli.
A quel punto i sospetti sono venuti a me…
I suoi occhi da pipistrello hanno iniziato quasi a roteare mentre dalle sue labbra sottili si diffondevano vocaboli sconosciuti “Cladosporium herbarum…mucor mucedo…alternaria tenuis…pennicillum notatum.”
Mi sentivo la protagonista di un rito esoterico e temevo che il suo camice iniziasse a volteggiare come uno spettro, circondato da pozioni che si libravano in volo, sogghignanti.
La lamella del Dottor T. intanto mi punzecchiava, saltellando da un braccio allaltro.
Quando stavo per temere il peggio ha bofonchiato qualcosa tipo “Epitelio di cane” ed ho sentito rinascere in me la speranza.
Anche se un cane non ce l’avevo ho colto la palla al balzo per cercare di placare quella sua bizzarra smania "…serve un cane? Vado a cercarne uno?" ho domandato tentando di riprendermi le braccia.
Lui mi ha ignorata completamente.
Animato da una frenesia ancora maggiore ha proseguito baldanzoso la sua cantilena.
"Epitelio di coniglio, epitelio di cavia, robinia, frassino, sambuco, assenzio selvatico, dente di leone, paleo odoroso, bambagina, crisantemo..."
Al suono dell’ultimo sostantivo floreale ho pensato che ormai tutto era perduto: la mia esistenza si sarebbe conclusa lì, con le braccia ridotte come un colabrodo, alla mercé di uno sciamano che, probabilmente, svolgeva la professione di allergologo per copertura.
E mentre un alone nostalgico avvolgeva i pensieri di tutte le cose che non avevo fatto e che avrei voluto fare,  mi è venuto in mente che forse linsolito trapasso poteva assicurare fama e pubblicazione al mio romanzo inedito.
Stavo già per valutare la cosa quando ho avvertito le dita minuscole del Dottor T. arrampicarsi come ragni sulla mia spalla.
"Signora? Signora? Abbiamo terminato. Può andare."
Mi sono stropicciata gli occhi  come se mi risvegliassi da un incubo ed ho osservato le mie braccia a pois, tutte pigmentate d’inchiostro.
"E allora? A cosa sono allergica?"
Lui ha guardato l’orologio che già segnava le diciotto e trenta, ha sbuffato ed ha aggiunto laconico "A niente."
"Come sarebbe a niente? E le macchie? Gli starnuti?" e anche i miei centocinquanta euro volevo aggiungere, ma sono stata zitta.
Lui ha arraffato una serie di moduli e spazientito li ha spinti sotto al mio naso "Lo vede? Lo vede? Le ho testato di tutto! Graminacee, micofiti, acari, epiteli e anche piante composite! Lei non è allergica proprio a niente!"
Cogliendo la mia aria perplessa ha proseguito con tono più pacato "Mi creda, lei tollera proprio tutto! Conifere, lieviti, pellicce di animali" ed ha puntato gli occhi miopi sui miei lobi "e anche quelle cianfrusaglie che si è messa sulle orecchie! E adesso perché non esce di qui e va a prendersi una bella birra?"
"No guardi la birra io proprio non…"
"Vada, vada…" ed ha iniziato a spingermi verso l’uscita "mi creda che a una come lei luppolo e malto d’orzo fanno solo il solletico."
"Ma veramente io…" ho tentato di replicare ma lui ha richiuso la porta dello studio senza troppi complimenti.
Ancora frastornata per l’esperienza surreale dei prik test, ho pensato che la vicenda aveva il suo lato positivo.
Se mi fosse venuta voglia di rotolarmi tra la gramigna, con un dente di leone tra i capelli, in compagnia di pelosi gatti, cavie e criceti, sgranocchiando arachidi e crostacei e magari annaffiando il tutto con un litro di Heineken, ora potevo farlo in tutta tranquillità: non mi sarebbe comparsa nemmeno una minuscola macchiolina.

(copyright Monica Coppola)

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